Il caso Enrico Letta
I nuovi collegamenti video ritraggono politici in spazi non istituzionali: il tricolore, l’arazzo e le scrivanie sono al momento lontane. Ora, a meno che non ci sia una buona ragione, si resta a casa. I politici mostrano i loro salotti ed è così che si finisce ad ammirare la collezione di Topolino e il gioco Subbuteo nella libreria di Enrico Letta (a Propaganda Live).

Enrico Letta a Propaganda Live
Qualcosa è cambiato
Ora si inizia a usare, come sfondo, immagini d’arte anziché librerie. Inizialmente ho fantasticato sul potere comunicativo delle opere d’arte: su ciò che hanno trasmesso nel corso dei secoli attraverso le generazioni di chi le ha commissionate e create. Ho, quindi, immaginato un gruppo di persone autorevoli che prendono decisioni sul piano strategico iconografico da adottare. Ho trasformato, poi, il team in qualcosa di più realistico, tenendo come esempio gli sceneggiatori di Boris (un cult). Devo ammettere che quest’ultima personale immagine mentale è stata epica.
In fine ho ipotizzato qualcosa di molto più semplice e di altrettanto potente nella sua praticità: e se i fondali d’arte fossero utilizzati come “toppe” per celare la propria casa? Non ci sarebbe nulla di male nel volere che i propri spazi rimangano tali. Se fosse questo il caso, cadrebbe tutta la strategia iconografica su cui ho fantasticato inizialmente. Rimane, comunque, il passatempo dilettevole di riflettere sugli sfondi scelti da politici e imprenditori.
L’arte dello sfondo
Prima di qualsiasi ragionamento premetto che la questione relativa all’opera d’arte usata nei video non analizza l’originalità della stessa. In altre parole, non ha importanza se, per esempio, dietro il politico in collegamento ci sia una reale opera d’arte o il poster della Gioconda.
Gli scacchi, alle spalle di Giorgia Meloni, donano l’idea di rigore (dato dalla dialettica bicromia del bianco e nero) e rimandano alla capacità strategica, peculiare del gioco in questione.

Nicola Zingaretti (IG)
Nicola Zingaretti sceglie, invece, per il suo augurio del 1° maggio, un paesaggio urbano policromo, frastagliato e graffiato, nel quale il rosso sembra essere l’unico punto fermo di una metropoli movimentata e caotica.
Chiudo con Virginia Raggi in collegamento con Live non è la D’Urso. Il sindaco mostra gli arcobaleni disegnati dai bambini con l’augurio/slogan di questa pandemia. Si sceglie di dare spazio ai disegni dei bambini, posti in primo piano rispetto gli angoli delle cornici in ultimissimo piano. L’inquadratura è perfetta, non c’è il grandangolo delle telecamerine incorporate dei pc, lo sfondo è sfumato ma lascia ben capire il messaggio che si vuole mandare, che tutti ci auguriamo: andrà tutto bene.
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Bell articolo