La critica è colore
Quei baffi rossi ipnotizzano il mio sguardo. Le due virgole vermiglio appaiono sotto il naso del busto del generale Antonio Baldissera. Il gruppo Rete restiamo Umani rivendica l’atto vandalico di qualche giorno fa compito al Pincio di Roma: la colatura, partendo dalla testa, di un barattolo di vernice rossa sul monumento in questione. Lo sguardo severo del generale italiano è smorzato dalla vernice e, malgrado la sua espressione austera, non lo si può più prendere sul serio. Anche i colori hanno un loro potere tutto materico e riescono a sminuire i monumenti.
Rifletto anche sulla popolarità inaspettata del busto, perché nessuno si cura più da anni del generale Antonio Baldissera. Si ha, però, l’occasione di riflettere su un argomento tanto spinoso quanto importante, il colonialismo. Se ne parlerà ancora e, spero, per molto tempo.
Condanne iconoclaste
Sulla scia di tutte le manifestazioni nate dopo l’uccisione di George Floyd, prendono il via anche azioni contro i monumenti di personaggi storici legati al colonialismo e al commercio degli schiavi. Sono un esempio la decapitazione del monumento di Cristoforo Colombo a Boston, l’abbattimento della statua di Thomas Jefferson in Oregon e la messa al rogo della statua di Albert Pike (generale americano)
Le statua o i monumenti sono simboli e abbatterli significa anche cancellare la loro pubblica celebrazione. Può essere un atto corale, a volte liberatorio, o può avere un intento politico di censura. C’è la volontà di plasmare la futura memoria di qualcosa che è stato.
Quello che è avvenuto in Italia, compreso il precedente sulla statua di Indro Montanelli (colatura di vernice rosa completata dalla scritta nera “razzista stupratore”), però, fornisce ulteriori spunti di riflessione. Distruggere, abbattere o decapitare una statua è diverso dal versarci della vernice per smontarla, sgonfiarla dell’approvazione pubblica. Si tratta di atti non distruttivi, sebbene siano vandalici, perché si aggiunge qualcosa a un monumento già esistente. L’opera rimane nello spazio pubblico urbano, ma la si modifica, perché si vuole cambiarne la sua percezione. In questo caso si ribalta la funzione originaria: dalla celebrazione alla critica. La domanda da porsi da un punto di vista estetico è: un’azione politica di questo genere su un’opera d’arte può essere, sebbene illegale, anche un’azione estetica?